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Utilizzo del cane da caccia: profili penali

Assai frequente è l’impiego del cane da caccia come ausiliario dell’attività venatoria. Bisogna tenere presente, peraltro, che il codice penale sanziona condotte quali l’abbandono ed il maltrattamento di animali, condotte che potrebbero essere riscontrate anche in questo campo. Anche il cacciatore, pertanto, deve conformarsi nella conduzione ed utilizzo del cane alle regole imposte dalla vigente legislazione penale onde evitare spiacevoli denunce. Ci si riferisce, da un lato, al divieto di abbandono previsto dall’art. 727 comma 1 c.p. nel caso – non infrequente – in cui il cane si perda durante la battuta di caccia ed il proprietario/cacciatore non riesca più a trovarlo: qualora quest’ultimo non si attivi nelle immediatezze con una denuncia di smarrimento e sostanzialmente si disinteressi della sorte del proprio cane, incorre nel reato sopra richiamato; lo ha stabilito la Suprema Corte nella sentenza 2 febbraio 2011 n. 18892, la quale, in un caso in cui a seguito dello smarrimento dell’animale il proprietario non aveva provveduto a denunciare il fatto, ha riscontrato in tale omissione un “preciso sintomo della volontà di abbandono” sottolineando che “la nozione di abbandono enunciata dall’art. 727 c.p. comma 1 postula una condotta ad ampio raggio che include anche una colpa intesa come indifferenza o inerzia nella ricerca immediata dell’animale (...) ben potendo, nel comune sentire, qualificarsi l’abbandono come senso di trascuratezza o disinteresse verso qualcuno o qualcosa, o anche mancanza di attenzione (…)”. Dall’altro lato, la giurisprudenza in una recente sentenza (Cass. Pen. Sez. III 20 giugno 2013, n. 38034) si è pronunciata circa la sussistenza del reato di maltrattamento di animali (rectius: detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze) ex art. 727 comma 2 c.p. con specifico riferimento al cane da caccia. In particolare è stata ritenuta la sussistenza del reato de quo in un caso di utilizzo del collare elettrico (detto anche “antiabbaio”) sull’animale. La Corte, infatti, ha affermato che il collare elettronico è “certamente incompatibile con la natura del cane: esso si fonda sulla produzione di scosse o altri impulsi elettrici che, tramite un comando a distanza, si trasmettono all’animale provocando reazioni varie. Trattasi in sostanza di un addestramento basato esclusivamente sul dolore, lieve o forte che sia, e che incide sull’integrità psicofisica del cane, poiché la somministrazione di scariche elettriche per condizionarne i riflessi ed indurlo tramite stimoli ai comportamenti desiderati produce effetti collaterali quali paura, ansia depressione ed anche aggressività”. Le pene previste per il reato di cui all’art. 727 (sia comma 1 che comma 2) c.p. sono l’arresto fino ad un anno oppure l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro, pene certamente non leggere, per cui è bene prestare attenzione a come si tratta il proprio cane.

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