Consulenze

Forme di caccia-Opzioni

La legge sula caccia ha fatto una scelta abbastanza strana in materia di modalità
di caccia stabilendo che è il cacciatore deve obbligatoriamente optare per
una sola delle seguenti modalità:
a) vagante in zona Alpi;
b) da appostamento fisso;
c) nell'insieme delle altre forme di attività venatoria consentite dalla presente
legge e praticate nel rimanente territorio destinato all'attività venatoria programmata.
Sembrano tre possibilità di scelta ma, come abbiamo esposto alla voce
→appostamento, in realtà, salvo i rari casi in cui si dispone di un appostamento
definibile come fisso a termini di legge, l’unica altra modalità di caccia, del
tutto prevalente, è la caccia vagante. Anche nella zona delle Alpi la caccia da
appostamento fisso (in cui non rientra quella ad ungulati) è una ipotesi del tutto
teorica. L’ipotesi poi che la caccia con l’arco ed con il falco possa essere esercitata
da appostamento fisso è veramente peregrina. La norma sarebbe stata
molto più chiara se si fosse scritto: “La caccia viene esercitata in forma vagante
salvo il caso che il cacciatore scelga espressamente di esercitare la caccia da
appostamento fisso, ove consentita” .
La disposizione non è condivisibile in quanto non si riesce a trovare per essa
una logica sensata. Ad una prima lettura si comprende che ogni cacciatore
deve richiedere la licenza di caccia nella regione di residenza e deve optare per
una sola delle due possibilità offerte: nella zona delle Alpi può fare solo caccia
vagante; nelle altre zone può scegliere fra caccia da appostamento fisso e caccia
vagante.
Sul piano venatorio la norma è assurda perché l’obbligo della caccia vagante
nella zona delle Alpi ha un senso solo per la caccia ai volatili o alla lepre, ma
non ha senso per la caccia a certi ungulati che, tradizionalmente, viene fatta anche
da appostamento fisso (anche se la legge non li considera appostamenti fissi!).
Tanto è vero che proprio il Trentino, approfittando della sua autonomia in
materia di caccia, ha stabilito che “In conformità alle consuetudini e tradizioni
locali, l'esercizio della caccia è consentito congiuntamente in forma vagante e
mediante appostamento fisso, nel rispetto delle modalità e dei limiti stabiliti
dalla presente legge e in quanto non contrasti con l'esigenza di conservazione
della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole e al
patrimonio forestale.” (art. 24 comma 1 L.P. 24/1991, mod. dalla L.P. 2/1994).
In Alto Adige è prevista solo la caccia vagante. E se ciò va bene in Trentino,
non si comprende perché non debba andar bene anche altrove, visto che la caccia
da appostamento fisso, dove viene praticata, esprime senz’altro una tradi132
zione del passato.
La norma in esame ben può essere ritenuta puramente vessatoria, diretta a
comprimere il diritto del cittadino di cacciare, in quanto fa dipendere
l’estensione di questo diritto dal fatto di risiedere in una certa regione piuttosto
che in un’altra, in modo del tutto casuale, in perfetto contrasto con il principio
di eguaglianza. La questione è stata sollevata anche di fronte alla Corte Costituzionale
la quale se l’è cavata con due ordinanze su problemi formali, come fa
ogni qual volta non vuole affrontare argomenti specialistici che le sfuggono.
La Cassazione si è occupata dell’argomento una sola volta con la sentenza
n. 3784 del 2004 in cui, dovendo esaminare il caso di un cacciatore della Lombardia,
che avendo fatto l’opzione di praticare la caccia vagante nella zona delle
Alpi (Sondrio) era stato poi colto a cacciare in pianura, si è così espressa:
- che deve, in conclusione, affermarsi che l'opzione a suo tempo effettuata
dal cacciatore riguardava un territorio da considerarsi, a tutti gli effetti, come
rientrante in "zona Alpi", perché così a suo tempo classificato dall'autorità
amministrativa competente con una determinazione da ritenersi, per quanto si
è detto, pienamente valida ed operante nel momento l'infrazione contestata è
stata commessa;
- che con il quinto motivo, il ricorrente - denunziando violazione e falsa
applicazione dell'art. 14, quinto comma, l. 157/92, nonché omessa motivazione
- censura la sentenza impugnata per non aver considerato che ogni cacciatore
può avere accesso in un "ulteriore" territorio di caccia, "anche in divergenza"
dalla opzione esercitata ex art. art. 12 della stessa legge e che, pertanto, il suo
comportamento non poteva essere ritenuto illegittimo;
- che la possibilità di ottenere accesso in un "secondo" territorio di caccia,
diverso da quello di residenza (art. 14, quinto comma, l. 157/92; art. 28, settimo
comma, legge reg. 26/93) deve essere coordinata con quanto stabilito
dall'art, 12, quinto comma, l. st. 157/92, e dall'art. 35, primo comma, l. reg.
26/93, i quali sanciscono il principio dell'esclusività della forma di caccia prescelta;
- che deve quindi escludersi che colui che, come il ricorrente, abbia a suo
tempo optato per la caccia vagante in zona Alpi, possa praticare l'esercizio
venatorio anche in un ambito territoriale di caccia, in quanto ciò implicherebbe
l'esercizio della caccia in forma diversa da quella prescelta.
Detto in parole povere, per la Cassazione l’interpretazione della norme è la
seguente: la legge ha previsto due forme di caccia vagante, quella “vagante nella
zona delle Alpi” e quella vagante altrove, anche se nella stessa regione; perciò
chi ha optato per la caccia nella zona delle Alpi non può cacciare in modo
vagante al di fuori di essa. Le conseguenze di questa affermazione sono un po’
sconvolgenti; facciamo alcuni esempi:
- Tizio abita a Sondrio, se vuol cacciare a casa sua è costretto a scegliere la
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caccia vagante nelle Alpi; può quindi sparare a qualsiasi tipo di selvaggina
stanziale e migratoria, ma gli è fatto divieto, chissà perché, di sparare alla stessa
selvaggina fuori della zona delle Alpi; se va a caccia di passeri a Monza ci
rimette la licenza; forse il legislatore temeva che egli avesse il dono
dell’ubiquità e potesse uccidere passeri in due luoghi contemporaneamente.
- Tizio abita a Firenze, opta ovviamente per la caccia vagante, può sparare a
cervi, caprioli, cinghiali in tutta Italia, ma guai se gli vien voglia di cacciare un
camoscio in Valtellina. Non può!
Soluzioni normative alquanto stravaganti, e che per la loro irrazionalità imporrebbero
una valutazione di ordine costituzionale.
A parte quest’ultima soluzione, difficile da praticare perché richiede piuttosto
buon senso che capacità di cavillare sulle parole di una legge, come possiedono
in alto grado i giuristi che preparano il lavoro per i giudici della Corte
Costituzionale, va detto che la soluzione deriva dalla stessa logica delle cose,
sempre prevalente sulla logica apparente del diritto (diciamo “apparente” perché
è noto, fin dalla scuola medievale di Bologna, che in diritto, con un po’ di
abilità verbale, si può sostenere qualsiasi tesi!).
Si prenda il caso del Trentino ove il cacciatore, proprio perché può esercitare
entrambe le forme di caccia consentite (vagante e da appostamento) non deve
fare e non può fare alcuna opzione. Ed infatti l’art. 22 della legge provinciale
sulla caccia già citata, al comma 2 stabilisce che in Trentino non viene rilasciato
un tesserino come nelle regioni ordinarie ma un permesso annuale che
sostituisce a tutti gli effetti, in provincia di Trento, il tesserino di cui all'articolo
12, comma 12, della legge 11 febbraio 1992, n. 157. Per l'esercizio della
caccia nel restante territorio nazionale il tesserino viene rilasciato, su richiesta,
dal servizio faunistico.
Le conseguenze logiche sono lineari: il cacciatore trentino in provincia di
Trento può cacciare con il suo permesso senza poter fare alcuna opzione; se intende
cacciare fuori provincia (ma si dovrebbe dire più correttamente “se intende
cacciare in zone dove è prevista l’opzione”) gli viene rilasciato dal servizio
faunistico della provincia di Trento un tesserino in cui egli deve dichiarare
se opta per la caccia vagante o da appostamento. Ma se va in una regione in cui
non si fa caccia da appostamento, non ha alcun bisogno di optare.
Sanzioni
L’art. 31 lett. a prevede per la caccia in una forma diversa da quella prescelta
la sanzione amministrativa da euro 206 a euro 1.239 e la sanzione accessoria
della sospensione per un anno della licenza caccia; tre anni in caso di recidiva
specifica.

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